lunedì 29 gennaio 2007

La “Terra… Madre” di Anna Rita Luongo debutta a Roma in prima nazionale

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Le donne meridionali, la storia dell’emigrazione e le tradizioni… sono questi alcuni degli elementi che caratterizzano lo spettacolo “Terra… Madre” di Anna Rita Luongo. Dopo L’acqua e l’aria Anna Rita Luongo torna portare sul palcoscenico uno dei suoi lavori legati alla quadrilogia degli elementi.

Questo è l’anno della Terra “vista come mamma, colei che genera e produce frutto, colei che può essere paragonata alla donna fertile e madre“.

“Terra… Madre” è anche un omaggio che Anna Rita Luongo fa alle sua terra di origine, la Lucania, una terra, una madre, che ha visto partire i suoi figli verso terre lontane.

Questa piece teatrale vuole, infatti, essere anche un’occasione per parlare dell’emigrazione e del ruolo che le donne del nostro Meridione hanno avuto nella storia di questo fenomeno migratorio.
“La realtà dell’emigrazione al femminile - spiega Anna Rita Luongo - sfugge alle cronache, alle statistiche …. Le donne nella storia non ci sono … è come se gli eventi siano mossi solo da uomini“… ed è proprio questa realtà che non trova il dovuto spazio nei libri di storia, che ha ispirato l’ultimo lavoro di Anna Rita Luongo.

L’autrice e regista aveva già affrontato, seppur marginalmente, il tema dell’emigrazione italiana in “Tutte le cose sono acqua” ed ora con “Terra… Madre” torna a farlo prepotentemente.

“Terra madre e radici“. Queste le parole chiave di questo spettacolo, spiega la regista, “perché la Terra è madre, ma è anche radice” a volte gli eventi ci portano lontano da casa ma, aggiunge la Luongo “ se hai le radici ben forti, hai sempre un posto dove ritornare”. Anna Rita Luongo in questo spettacolo vuole ricordare il sacrificio fatto da quelle persone che costrette dalla situazione di miseria in cui, nei primi del ’900 versava l’Italia e in particolare il sud, sono partite e a volte non sono mai più tornate, mentre “chi torna trova le antiche radici, trova che il mondo lì non è cambiato”, una continuità con il passato che nel finale dello spettacolo la regista rende con la figura delle prefiche.

“Terra … Madre - prosegue la Luongo - anche in questo senso, origine, tradizione, attaccamento a tutto ciò che ci rende quello che siamo … le nostre radici, quindi come emigrati in Patria patiamo la sofferenza del distacco dai nostri cari … come mele mature strappate dalla loro pianta ma costrette a trovare requie in un nuovo e prospero porto.

Emigranti che portano con se, ovunque vanno, tutto ciò che la terra madre ha loro insegnato e
donato … il rispetto per il passato, per le tradizioni e l’amore per il nuovo sito che nuova casa diviene.

Questa ricchezza radicata nei nostri animi viene restituita a tutti coloro che entrano in contatto con noi con semplici racconti, ricordi, musica, piatti tradizionali e colori … Terra Madre e figli della Terra … cittadini del Mondo“.

L’uomo che parte e si allontana con dolore dalla famiglia è il protagonista della storia dell’emigrazione ma la donna? Colei che resta e si sacrifica nell’attesa di un biglietto di ricongiungimento? Colei che porta avanti la famiglia gettando sangue e sudore nel poderetto?

Colei che rischia di rimanere una vedova bianca? Colei che parte lasciando tutto alle spalle
ricominciando in una nuova terra dove non conosce la lingua, dove le è impossibile anche parlare con gli insegnanti dei figli … soffrono poiché tutto ciò che era sinonimo di sicurezza è ora lontano ma, nonostante tutto, si sentono forti nella speranza di un futuro migliore e nell’amore per la propria famiglia.

Sono donne dure … tenaci … intraprendenti … e per questo hanno diritto di entrare a far parte della storia anche loro“.

In questo spettacolo, così come nei due precedenti (Tutte le cose sono acqua e Angeli carezze d’aria), grande importanza è data non solo alle parole, ma anche la gesto e al movimento. Ho voluto inserire anche alcuni lati tradizionali della terra lucana, dalla Taranta che con la sua musica e le sue danze dona il calore delle sagre estive che riportano a lieti ricordi e Santa Borriello, documentatasi per un intero anno, ha elaborato delle coreografie molto forti, nulla di spettacolare ed eccessivamente colorato, solo pura tradizione.

Nella realizzazione di questo lavoro l’autrice, ha fatto un serio lavoro di ricerca storica per poter riproporre sulla scena una pagina importante della storia lucana e italiana, quella dell’emigrazione verso terre lontane.

“Il mio lavoro di ricerca - spiega Anna Rita Luogno - è partito da qui, da queste tre parole … Terra … Madre … Radice, così memore dei miei passati studi storici universitari sono andata a spolverare vecchi testi di storia del mezzogiorno, ad esempio: Chiesa ed emigrazione a Caltanissetta e in Sicilia nel novecento a cura di Pietro Borzomati, che parlavano di emigrazione e distacco dove ho notato che l’uomo era sempre l’unico protagonista ma della donna non si parlava mai o poco, troppo poco. La mia testa è tornata alla mia tesi di laurea sulla Lucania, ricordavo testi di Rocco Scotellaro, Ernesto De Martino del quale ad esempio ho letto, anzi divorato, il libro Morte e pianto rituale, dal lamento funebre antico al pianto di Maria testo meraviglioso che mi ha tolto ogni dubbio e curiosità che avevo sulla figura delle prefiche che , nello spettacolo, sono presenti".

Lo spettacolo andrà in scena dal 30 gennaio al 4 febbraio alla Casa delle Culture di Roma, in via San Crisogno, 45 tutte le sere alle 21,00 e la domenica doppio spettacolo con una pomeridiana alle 18.

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