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dal 3 al 7 novembre alla Casa del Cinema di Roma, il
Pitigliani Kolno’a Festival, kermesse di cinema giunta alla settima
edizione, diretta da Dan Muggia e Ariela Piattelli, che propone –
a ingresso gratuito fino ad
esaurimento posti - decine di nuovi titoli e prestigiosi ospiti.
Si tratta dell'unica rassegna
cinematografica in Italia dedicata al cinema israeliano e di
argomento ebraico, prodotto da Il Pitigliani - Centro
Ebraico Italiano e realizzato con il sostegno di Roma Capitale - Assessorato
alle Politiche Culturali e Centro Storico e con il contributo dell’ Assessorato
alle Politiche Culturali della Provincia di Roma e dell’Assessorato alla Cultura
della Regione Lazio.
In questa edizione del
festival -
sottolineano
Ariela Piattelli e Dan Muggia, direttori artistici del PKF
- raccontiamo un anno di grande
successo del cinema israeliano. Un successo dovuto non solo ai premi che i
registi hanno vinto, ma anche ai numerosi festival che ospitano i film
israeliani in tutto il mondo. Basti pensare che abbiamo deciso di aprire il
festival con Footnote di Joseph
Cedar, nominato agli Oscar nel 2011 e che presenteremo La sposa promessa di Rama Burshtein, in un evento prodotto dal PKF
in collaborazione con la Lucky Red. Non mancheranno i documentari, che
celebriamo anche con un omaggio a David Ofek, una delle voci più originali del
cinema israeliano.
Sarà
proposto il meglio dell’ultima produzione cinematografica israeliana e di
argomento ebraico nella sezione Sguardo
sul nuovo cinema israeliano,
con film
quali La
sposa promessa (Fill the Void), opera prima di Rama
Burshtein, che sarà presentato al festival dall’attrice Hadas Yaron, vincitrice della Coppa Volpi come
miglior attrice all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Il film, che sarà distribuito dalla Lucky Red, è stato scelto da Israele per concorrere ai prossimi Premi
Oscar.
Altro lungometraggio presentato è
Footnote, di Joseph Cedar, candidato ai
Premi Oscar nel 2011, buffa tragedia che narra l’universale rivalità fra padre e
figlio con sfumature tipiche della rigida facoltà di ricerca del Talmud a
Gerusalemme.
Il regista Eran Kolirin ospite del festival,
presenta, il suo The
Exchange: il dottorando Oded conduce una vita un po’ monotona,
con la sua compagna, fin quando, un giorno, trova una luce diversa ad illuminare
la casa e nella testa del giovane, scatta un meccanismo che lo porta a compiere
strane azioni, a sfidare i vincoli sociali e a volte a comportarsi come un
bambino.
Sharqiya,
premiato al Festival di Gerusalemme 2012, è un esempio importante di cinema low budget israeliano, diretto da Ami
Livne, storia di un giovane beduino che lavora come guardia alla stazione
centrale degli autobus nella città di Be'er Sheva.
Quindi, l’esordio scorsesiano di Meni Yaesh
con God’s Neighbors, ma
anche Restoration, di
Joseph Madmony, che esplora il mondo della paternità, Premio per la Miglior
Sceneggiatura al Sundance 2011.
Di Neorealismo all’israeliana si può
parlare con The Cutoff
Man, di Idan Hubel: Gaby lavora per il comune, stacca l'acqua a
chi non ha pagato la bolletta. Più utenze d'acqua stacca e più guadagna…
Tre documentari su registi ebrei
costituiscono la sezione Storie di
Cinema: Roman
Polanski, Woody Allen e
Stanley Kubrick “si
raccontano” tra vita professionale e privata in tre diversi bio-documentari.
Roman Polanski: A
Film Memoir, di Laurent Bouzereau è la conversazione
tra il regista franco-polacco e
il produttore e amico Andrew Braunsberg,
spunto per rivisitare la vita e la carriera dell’autore di Cul de
Sac. Woody Allen: A Documentary, di Robert Weide, racconta il percorso
della carriera del regista dagli inizi negli anni Cinquanta come autore
televisivo, cabarettista, comico e ospite abituale di talk show televisivi, fino
a quello di sceneggiatore e regista con una media di un film all’anno da oltre
quarant’anni. Stanley Kubrick: Life in
Pictures di Jan
Harlan (cognato del grande regista), contiene
aneddoti, storie e testimonianze sul regista di Arancia Meccanica che
oscillano tra la sfera professionale e privata, con
la voce narrante di Tom Cruise, protagonista del suo ultimo film, Eyes Wide
Shut.
Per la sezione Percorsi ebraici saranno presentati al
pubblico alcuni documentari recenti che affrontano vari argomenti:
dall’incredibile storia dei Profughi a
Cinecittà, di Marco
Bertozzi, che racconta di quando, nel 1944,
migliaia di uomini, donne e bambini, scampati alla guerra e ai campi di
concentramento, trovarono rifugio negli studios di Cinecittà, all’ultimo “volo” del bambino
artista Petr Ginz in The Last Flight of Petr Ginz, diretto da Sandy
Dickson e Churchill Roberts. Nel 2003 l’astronauta israeliano Ilan Ramon decise
di portare con sé, nello spazio, un disegno di un bambino ucciso ad Auschwitz.
La missione aerospaziale si concluse in tragedia e Ilan non tornò mai a terra.
Un viaggio senza ritorno, proprio come quello di quel bambino, Petr Ginz, che
all’età di quattordici anni era già scrittore e artista, avendo scritto 5 storie
e un diario sull’occupazione nazista a Praga. Tra gli altri titoli, Life in
Stills, opera prima di Tamar Tal, film sui sentimenti e sugli
effetti nefasti della modernità sullo sfondo dell’eredità di uno studio
fotografico. Girato tra Sudafrica e Israele, One day after
peace, di Miri ed Erez Laufer racconta di Robi, nata nel Sudafrica del periodo
dell’apartheid, quindi trasferitasi in Israele, dove ha perso il figlio David,
soldato di riserva ucciso nei territori occupati. Marocco e Israele sono
protagonisti in Tinghir-Jerusalem les échos du
Mellah, di Kamal
Hachkar, che racconta di una sconosciuta comunità berbera ebrea. Quindi, Six million and
One, di
David Fisher: il ritrovamento del diario del padre è una guida verso
il passato sconosciuto del genitore, sopravvissuto ai campi di concentramento di
Gusen e Gunskirchen in Austria.
Proprio ad un documentarista
israeliano, David Ofek, è dedicato l’omaggio di questa edizione che vede la
presentazione di quattro opere, tra cui, The
Tale of Nicolai
& the Law of
Return,
ma anche The Hebrew
Lesson, le storie di vari personaggi che si
incontrano a un corso di ebraico; N°
17, storia del tentativo di identificazione di una vittima di un
attentato terroristico e l’ultimo lavoro, Luxuries, che racconta l’assurda realtà della
post-occupazione israeliana nella Striscia di Gaza. Ofek sarà anche protagonista
di un PKF
Professional Lab, un momento di confronto tra le professionalità
del cinema.
Per
il secondo anno consecutivo torna la sezione PKF
Professional Lab,
laboratorio per le professioni del
cinema attraverso il quale il
festival si propone di mettere a confronto l’esperienza israeliana e quella
italiana.
Per
la sezione Scuole di
Cinema da Israele, ospite d’onore di questa edizione sarà il
Dipartimento di Cinema e
Televisione dell’Università di Tel Aviv.
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