mercoledì 27 maggio 2015

Grande Guerra, lo struggente racconto

Veneti nella Capitale
Lacrime e sangue nel racconto della Grande Guerra

L'associazione Uniti nella Memoria è venuta da Padova a Roma, al teatro Quirino, per regalarci un rabcconto teatrale della Grande Guerra, in occasione della ricorrenza del Centenario. Il titolo dello spettacolo “Spero che io torni presto” prende spunto da una lettera che un soldato scrive alla moglie e a cui affida appunto l'augurio “spero che io torni presto”. E uno spazio infatti molto significativo della rappresentazione teatrale è occupato dalle lettere. 

La popolazione era in gran parte analfabeta, eppure i postini lavoravano tantissimo a consegnare missive commoventi e cariche di sentimenti. Una pagina della nostra storia così vicina a noi eppure così lontana e poco nota. Sì, si studia a scuola, c'è il ricordo dei racconti dei nostri nonni ma furono talmente tanti i giovani che sacrificarono la loro vita, ognuno con la sua storia, che quella pagina diventa un libro, o meglio un'enciclopedia con tanti capitoli, racconti, sfumature e interpretazioni.

La rappresentazione teatrale inizia con la cerimonia dell’alzabandiera alla presenza dell'unica vedova italiana superstite, Palma De Luca Viola, moglie della Medaglia d’Oro al Valor Militare Ettore Viola e Maurizio Gonzaga nipote di Ferrante, ai cui meriti di guerra furono conferite ben due Medaglie d’Oro e tre d'Argento.

Come spiega Giulia Pasquazi, l'ideatrice del progetto che ringraziamo, per fare i rievocatori storici si studia, ci si prepara con impegno e diventa una vera e propria professione. In scena i rievocatori storici offrono agli spettatori uno spaccato puntuale e preciso, con un attento lavoro di documentazione, della vita di trincea con dialoghi, lettura di lettere, filmati e canti che accompagnavano le lunghe marce e le fredde notti. 


 In scena una voce narrante racconta gli avvenimenti del fronte mentre i rievocatori in uniforme storica danno forma e voce ai protagonisti che vissero in prima persona quei momenti drammatici. 

Alcuni testi sono letti in dialetto proprio per sottolineare l'identità di un mondo contadino e per meglio rappresentare i disagi dei soldati in guerra per i quali la famiglia, il lavoro della terra e le proprie tradizioni erano valori fondamentali a cui aggrapparsi. 

Ma lo spettacolo non dimentica di dare voce anche al nemico. Con lettere e brani di diari si parla anche dell'esercito Austro -Ungarico, uomini costretti a combattere contro altri uomini con i quali in un periodo di pace avrebbero invece volentieri mangiato e bevuto insieme. 

La tragedia della guerra viene così rappresentata in tutta la sua drammaticità e il pubblico non può che esprimere la commozione con un lungo applauso e qualche lacrima.

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